Lockdown e violenza domestica: l’emergenza nell’emergenza!
Inutile dire che, dinanzi al nemico invisibile, il Coronavirus, dichiarato pandemia globale dall’OMS, tutti noi stiamo scoprendo un’estrema vulnerabilità ed impreparazione, subendo visibilmente le sue conseguenze fisiche e psicologiche a causa del distanziamento sociale, della chiusura di scuole e attività e della conseguente fragilità economica. L’unica arma di difesa dal virus, che ci tiene da quasi due mesi sotto assedio, è l’isolamento. Siamo stati costretti a restare in casa il più possibile per evitare il pericolo di contagio. Purtroppo però, proprio all’interno delle mura domestiche e, dunque in quel “rifugio” si consumano altre battaglie, dove, in prevalenza donne, secondo le statistiche, si ritrovano a lottare contro un nemico ben visibile e che conoscono molto bene: il proprio convivente, compagno di una vita e a volte anche padre dei suoi bambini. Perciò proprio al riparo di quelle mura non c’è alcuna protezione, si resta a casa rischiando talvolta la propria vita e quella dei propri figli. In questo momento storico, ci preoccupa il contagio del Covid19, ma non si deve abbassare il livello di guardia per evitare le violenze e gli abusi endofamiliari, ai danni di donne e bambini. Il Governo con il D.L. “Cura Italia” ha privilegiato il diritto alla Salute, chiedendo di restare a casa per il bene proprio e di tutta la società, si sono verificati, tuttavia, casi in cui la domiciliazione “coatta” ha potenziato crisi familiari già latenti, che sono deflagrate, esponendo a rischi di violenza e aggressioni le vittime più vulnerabili. Perciò, la convivenza forzata con il compagno violento è diventata l’emergenza nell’emergenza. L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ci ricorda, difatti, che la violenza contro le donne resta uno dei maggiori problemi di salute pubblica globale e tenderebbe ad aumentare durante ogni tipo di emergenza, inclusa l’epidemia del COVID-19. L’OMS ha segnalato come la prevalenza della violenza sulle donne sia triplicata durante l’emergenza del COVID-19 rispetto all’anno scorso. Purtroppo oltre alle donne, le vittime di questa emergenza sono anche i minori. I bambini, d’altra parte, ormai affacciati sempre più alla finestra sul mondo virtuale, restando in casa, attraverso l’uso di canali comunicativi on line sono sempre più esposti ad adescamenti da parte di adulti senza scrupoli. Non dimentichiamo, peraltro, che la estrema vulnerabilità economica di questo periodo, potrebbe, inoltre, incoraggiare lo sfruttamento dei minori. Sono dati allarmanti che dovrebbero far riflettere tutti, come del resto non si può non considerare i tanti casi di violenza assistita su minori in ambito familiare, dove i bambini diventano testimoni involontari della furia violenta di uno dei componenti del proprio nucleo familiare. Al rischio specifico di violenza domestica interviene adeguata misura di tutela nella necessaria trattazione dei procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, prevista dapprima dall’art. 2, lett. g, n. 1, del D.L. n. 11 dell’8/03/2020 e, poi, dall’art. 83, comma 3, lett. a, del D.L. n. 18 del 17/03/2020. Questi strumenti legali esistono già da tempo e sono stai introdotti con L.n. 154/2001. Si tratta di Misure atte a contrastare la violenza nelle relazioni familiari, di portata davvero innovativa, da richiedere sia in sede civile, sia in sede penale e prevedono l’allontanamento dal domicilio familiare degli autori di atti maltrattanti e violenti, siano essi coniugi ovvero persone conviventi. Ed invero, per quanto riguarda la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari che possono essere adottati, in sede civile, vengono disciplinati dagli artt. 342bis e 342ter del codice civile e 736bis, comma 3, del codice di procedura civile e prevedono la possibilità di disporre l’allontanamento del coniuge o del convivente che abbia tenuto una “condotta pregiudizievole” dalla casa familiare, oltre all’adozione di altre misure (intervento dei servizi sociali, versamento di somme per il sostentamento del coniuge o dei familiari etc.). Nella normalità dei casi alla presentazione del ricorso per l’adozione dell’ordine di protezione segue l’emissione di un decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti, all’esito della quale il giudice decide sull’istanza. Ovviamente, a causa dei limiti alla circolazione e della convivenza coatta, imposta dalle misure di repressione del contagio, il momento della notifica del ricorso per l’adozione di ordini di protezione e del decreto di fissazione dell’udienza potrebbe provocare un rischio di esplosione incontrollata di violenza, ovvero creare un clima di tensione potenzialmente idoneo a compromettere l’equilibrio dell’intero nucleo familiare. A tal fine appare preferibile ricorrere, in questo periodo di emergenza sanitaria, con maggiore frequenza, rispetto all’ordinarietà all’adozione di ordini di protezione, inaudita altera parte. Ai sensi dell’art. 736 Bis c.p.c., infatti, il giudice competente nei casi di urgenza può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione oppure in alternativa invitando parte resistente a costituirsi entro una data fissata dallo stesso Giudice Istruttore per poi emanare decreto di conferma, revoca o modifica del provvedimento, nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti, entro un termine non superiore a quindici giorni. In questo modo la vittima di violenza domestica verrebbe tutelata dal rischio di dover forzatamente convivere con l’autore della violenza nel periodo intercorrente tra la notifica del ricorso e la data di adozione del provvedimento. La misura dell’allontanamento dell’autore di violenza peraltro è stata rafforzata anche dalla L.n.119/2013, cosiddetta legge sul femminicidio: la polizia giudiziaria può disporre con l’autorizzazione del pubblico ministero, ottenuta anche in forma orale, l’allontanamento urgente dalla casa familiare “nei confronti dei violenti e qualora sussistano fondati timori di reiterazione delle condotte e di pericolo per le persone offese” e il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa . Tuttavia, questi mezzi d’intervento giudiziari, citando non da ultimo la recente L. n. 69 del 2019 (c.d. Codice Rosso), molto spesso non hanno mostrato un’efficacia risolutiva del problema e del rischio di reiterazione del reato, in quanto ci sono ancora degli ostacoli nell’applicazione delle misure di allontanamento già previste. Abbiamo, dunque, buoni strumenti legislativi ma gli interventi devono essere a più livelli perché non bastano le misure cautelari o i processi penali per tutelare le donne che subiscono violenza. quando si interviene in aiuto di una donna che subisce violenza, è importante fare una analisi del rischio per valutare la pericolosità degli autori di violenza. Occorre, infine, rammentare che nell’ambito delle misure a sostegno delle vittime di violenza domestica è attivo il numero di pubblica utilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1522 (che è anche un’applicazione, insieme a “YOUPOL”), quale strumento teso a sostenere l’emersione della domanda di aiuto (ci sono poi i centri antiviolenza e i consultori familiari dislocati territorialmente). Purtroppo però, va segnalato un dato negativo, atteso che proprio in questo periodo di lockdown si è registrato un calo delle denunce significativo, con conseguente riduzione degli interventi da parte delle Forze dell’ordine, calo che può essere posto in relazione non già con una situazione «di regressione» ma quale «segnale di una situazione nella quale le donne vittime di violenza rischiano di trovarsi ancora più esposte alla possibilità di controllo e all’aggressività del partner maltrattante».
Avvocato Simonetta De Carlo Vicepresidente Camera Minorile Brindisi