Coronavirus: uno sguardo generale, un focus su minori e famiglie
E’ trascorso circa un mese e mezzo da quando il Presidente del Consiglio, allarmato per la pericolosa diffusione raggiunta dal Coronavirus, decretava con toni accorati e drammatici l’istituzione del cosiddetto lockdown – la serrata pressoché totale delle attività produttive e l’introduzione delle misure restrittive del distanziamento sociale.
In questo difficile periodo, si è scritto molto riguardo ai possibili contraccolpi che possono subire gli adulti a causa dell’emergenza COVID-19; sembra essere stato invece più contenuto e modesto – ma forse non sarà mai abbastanza – lo sforzo per comprendere le ricadute psicologiche che coinvolgono i soggetti più fragili della nostra società, primi tra tutti i minori. S’è vero, infatti, che gli adulti vedono vacillare i propri punti di riferimento, è altrettanto vero che i bambini, per ragioni intrinseche legate ad una crescita incompiuta, non hanno ancora sviluppato e consolidato le “fondamenta” su cui edificare la propria personalità. Le ricerche condotte in ambito evolutivo, e le stesse neuroscienze, hanno da tempo chiarito l’importanza di esporre i bambini a un adeguato livello di stimolazione sensoriale, cognitiva, affettiva e sociale, sicché essi possano realizzare una compiuta maturazione del loro sistema nervoso e un sviluppo ottimale del loro potenziale psichico: costretti ad un isolamento “forzato” e a tutto ciò che questo comporta in termini di pesanti rinunce e deprivazioni (es.: svolgimento delle routine, rapporto con la scuola e gli insegnanti, frequentazione degli amici, sport, attività ludiche e ricreative all’aperto, socializzazione, ecc.), essi vengono sottoposti ad una congerie di fattori stressanti e di stravolgimenti che rischiano di minare i presupposti di una crescita psichica armoniosa ed equilibrata. Una condizione essenziale affinché ciò si possa realizzare senza intoppi significativi è che i bambini incontrino innanzitutto un ambiente esterno – fisico e di relazioni – “mediamente prevedibile”, sufficientemente presente, affettuoso e contenitivo. E’ piuttosto evidente che la perdita, o comunque un forte ridimensionamento, della possibilità di eseguire azioni e comportamenti abitudinari, di strutturare la propria giornata secondo schemi e programmazioni prevedibili e ben definite, risulta per i bambini molto disorientante e fonte di ansia. Accanto a ciò, essi hanno bisogno di genitori che dedichino loro attenzioni, premure, convalide affettive e siano disponibili nei loro confronti con una generosa dote d’interesse, piacevolezza e pazienza; proprio in ragione del periodo che si sta attraversando, invece, talvolta essi rischiano di trovare genitori stanchi, insofferenti, arrabbiati, demoralizzati, stressati, se non francamente ansiosi o depressi. Se l’indisponibilità emotiva o la trascuratezza da parte dei caregivers rappresenta per i bambini una fonte di dolore psichico e sofferenza, un rischio ancor più grande è che essi s’imbattano in genitori palesemente maltrattanti. Quando tutti noi ascoltiamo riecheggiare lo slogan “restiamo a casa”, possiamo intristirci ed abbatterci, salvo poi cercare una distrazione, una qualche strategia utile a recuperare un pur temporaneo benessere psicologico, magari pensando che a casa in fondo ci sentiamo perlomeno sicuri e al riparo dai pericoli; tuttavia, come confermato dall’ultimo rapporto CESVI 2019, per un numero significativo di bambini italiani – circa 100 mila – questa strada risulta impervia e impraticabile, giacché è proprio tra le mura domestiche ch’essi subiscono le peggiori angherie e vessazioni. Il quadro della situazione assume tinte ancor più fosche a causa della chiusura delle scuole, specie se s’intende l’Istituzione Scolastica, non soltanto come agente d’istruzione e formazione, ma anche nel suo precipuo ruolo di mediazione, di “cuscinetto” tra la famiglia e la società nel suo insieme: in questo panorama così complesso e intricato, spiragli positivi ed incoraggianti ci provengono non solo da una diffusione sempre più ampia della didattica a distanza e dal suo perfezionamento, ma anche dall’instancabile e generoso lavoro del corpo docente, grazie al quale si cerca d’intercettare tutti quegli studenti che rischiavano di svanire nel cono d’ombra della marginalizzazione sociale e della dispersione scolastica.
Acclarata la maggiore vulnerabilità psicologica e sociale dei bambini, al netto di situazioni particolarmente svantaggiose o estreme, quali possono essere le specifiche reazioni dei minori in questo periodo di pandemia? E’ piuttosto difficile, se non impossibile, tracciare o descrivere una casistica tipica, capace di rendere ragione di tutti i comportamenti, difficoltà o disturbi che potremmo osservare nei bambini. In linea generale, possiamo prevedere conseguenze fortemente impattanti sul piano dello sviluppo cognitivo e degli apprendimenti, soprattutto per i bambini tra i 6 e gli 8 anni, che sono alle prese con l’acquisizione delle abilità di letto-scrittura e calcolo: sappiamo che in queste fasi, delicate e quasi mai lineari, v’è la necessità di un affiancamento costante e competente da parte di un docente, che sappia proporre esercizi continui e diversificati, feedback e correzioni, in linea con lo stile d’apprendimento individuale del singolo alunno. Va da sé che carenze in questo ambito possono determinare non solo inconvenienti e intoppi nel processo di acquisizione delle normali competenze scolastiche, ma anche ricadute significative sul piano dell’autostima, dell’immagine di sé e del senso di autoefficacia del minore.
Oltremodo sfumati e variegati possono essere gli effetti più strettamente psico-emotivi che l’emergenza COVID-19 può ingenerare nei ragazzi. Vi sono minori che, per temperamento e carattere, o anche per la fase evolutiva eccezionalmente precoce che stanno attraversando, tendono ad esprimere il loro malessere psicologico in maniera aspecifica e indiretta: possono ad esempio mostrarsi apparentemente indifferenti verso i cambiamenti che sono intercorsi, possono non manifestare particolari emozioni negative sul piano consapevole, né ricercare il supporto del genitore, ma allo stesso tempo mostrare manifestazioni di natura psicosomatica, come debolezza e astenia, difficoltà digestive, irregolarità dell’alvo, mal di testa o fenomeni dermatologici. Altri bambini, invece, tendono a manifestare un incremento dei disturbi del comportamento: possono apparire iperattivi, impulsivi, irrequieti, oppositivi o addirittura aggressivi, indugiando con maggiore frequenza in giochi caotici, frenetici o turbolenti e adottando modalità relazionali disorganizzate, disfunzionali e con un minor grado di reciprocità; presi nel loro complesso, tutti questi segnali indicano una certa fatica ad incanalare o a scaricare in maniera graduale e adeguata al contesto la quota di attivazione psicofisiologica che in questo periodo si va accumulando per svariati motivi – tra cui proprio la riduzione delle occasioni di motricità all’aperto e/o una sregolatezza nell’uso della tv e dei dispositivi elettronici. Soprattutto tra minori dotati di un temperamento più sensibile, riflessivo e introverso si trovano con maggiore probabilità reazioni ansiose o depressive, con annesse alterazioni – in eccesso o in difetto – del bisogno di sonno e dell’appetito. Specie nei bambini con manifestazioni ansiose, rinveniamo un atteggiamento costantemente timoroso e preoccupato: questi minori esprimono spesso la sensazione di “sentirsi sulle spine” e non di rado verbalizzano la paura che il contagio da Coronavirus possa colpire i loro cari, siano essi i genitori, quando escono o si recano a lavoro, i nonni o i compagni di classe, coi quali non possono più intrattenere un rapporto continuativo, se non attraverso contatti telefonici dilazionati nel tempo; assolutamente cruciale a questo riguardo, è proprio la percezione soggettiva dello scorrere del tempo che, come sappiamo, in età evolutiva risulta del tutto amplificata, andando ancor di più ad ostacolare la capacità dei bambini di tollerare l’attesa, di contenere e contestualizzare in prospettiva i propri vissuti emotivi negativi. Anche per tali motivi potremmo osservare minori che si mostrano assillanti, che richiedono continue rassicurazioni ed una presenza pressoché costante dei loro genitori: alcuni di loro, specie quelli con una fragilità preesistente, potrebbero manifestare delle vere e proprie regressioni, tornando magari ad esprimere atteggiamenti, paure o turbamenti che, prima dell’emergenza, sembravano aver superato. Meritano poi un’attenzione sensibile e particolare quei bambini che tendono a manifestare il disagio psicologico su un versante più propriamente depressivo: questi minori tendono ad essere poco interattivi, loquaci e vitali, talvolta si chiudono in se stessi, si isolano in un dolore che non riescono a contenere e comprendere, fino a sviluppare – nei casi più gravi – una forma di distanziamento emotivo a cui spesso attribuiamo il nome di apatia. Giacché forme più silenziose e meno “disturbanti”, tali condizioni rischiano di passare spesso in sordina e di essere sottovalutate, per questo allertano maggiormente gli psicologi, consapevoli delle maggiori difficoltà insite ad una sofferenza che non chiede aiuto e sostegno.
Molte delle reazioni psicologiche che abbiamo fin qui analizzato sono transitorie, passeggere, reattive e in qualche modo giustificate dalla straordinaria congerie di eventi stressanti a cui l’attuale situazione emergenziale sta sottoponendo i nostri figli, tuttavia va considerato che – se trascurate – esse possono cronicizzarsi e protrarre i loro effetti negativi a lungo termine, come per esempio accade nel disturbo posttraumatico da stress. Spesso ciò che fa realmente la differenza tra un esito fausto o infausto è la presenza di un nucleo familiare solido e coeso: per i bambini è molto importante poter contare sul fatto che i genitori, pur nella loro umana fragilità, continuino a rappresentare un punto fermo e affidabile nelle loro esistenze; i bambini devono poter sentire distintamente che vi è concordia, unanimità d’intenti e vedute all’interno della coppia genitoriale, che essa è in grado di rispondere ai loro bisogni con coerenza, affetto e solerzia, soprattutto nelle situazioni più critiche. Sappiamo che queste garanzie, così indispensabili per una crescita sana, le possiamo trovare non soltanto, e neanche necessariamente, in una famiglia cosiddetta “tradizionale”: con la consapevolezza, la buona volontà, e a certe condizioni, esse possono darsi anche in famiglie che – per alterne vicende – sono andate incontro alla separazione o al divorzio dei coniugi, sia pur con tutte le difficoltà e le complicazioni del caso. Tanto più i partner separati o divorziati avranno saputo metabolizzare le ragioni che hanno portato alla scissione della coppia, al tramonto del loro legame affettivo, tanto più essi saranno capaci di continuare ad incarnare con maturità e coraggio la loro funzione genitoriale, di lateralizzare e superare i conflitti interpersonali in ossequio all’interesse prioritario dei diritti dei figli, osservando con scrupolo, elasticità e buon senso le disposizioni impartite dal giudice. Più di altri essi dovranno tener presente che la possibilità di percepire un’armonia di base tra le figure educative consentirà al minore di introiettare e costruire un orizzonte interno stabile, entro cui inscrivere la mutevolezza, l’inafferrabilità ed il succedersi, talvolta confuso e insensato, degli eventi del mondo: ciò lo metterà in condizione di ritrovare la potenza affettiva della parola “casa”, quando l’insicurezza e la paura busseranno, adesso e un domani, alla sua porta. Come sempre accade nei momenti difficili della nostra vita, la sfida reale – quella più alta e inevitabile – è riuscire a trasformare gli ostacoli in trampolini, in opportunità di miglioramento: tutti noi, senza distinzioni, dovremmo tener presente che, se da un lato la quarantena c’impone tante limitazioni, dall’altro ci offre l’occasione di meditare, di ristabilire delle priorità, di dare il giusto valore a ciò che conta davvero, di scoprire ad esempio quanto – nella distanza – ci sentiamo vicini alle persone che amiamo; oppure ancora, stretti gomito a gomito in famiglia, potremmo conoscere un’enormità di cose sui nostri cari che neanche immaginavamo, e che però ci confermano la loro straordinaria unicità. Non è facile e non è impossibile: possiamo trasmettere questo messaggio ai bambini, condividerlo con i nostri affetti, e – perché no -, così facendo, ricordarlo a noi stessi.
Dr. Siciliano Angelo Psicologo-psicoterapeuta Esperto in Neuropsicologia clinica Cell. 340.6814320
Dr.ssa Brunelli Laura Psicologa-psicoterapeuta Esperta in Neuropsicologia forense/C.T.U del Tribunale di Brindisi Cell. 329.8044176