DAL CODICE ROSSO AL COVID-19 : L’EMERGENZA E’ DONNA!
Sono passati pochi mesi da quando sulla G.U. del 25 luglio 2019 veniva pubblicata la Legge 19 luglio 2019, n. 69 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” denominata “Codice Rosso” con vigenza dal successivo 9 agosto. Una legge che, sin da subito, si è esposta a non poche criticità (certamente figlie della fretta tipica del legislatore) che imponevano una rivisitazione ed un’integrazione del dettato normativo per renderlo perfettibile, ma che non si è fatto in tempo a concretizzare, perché è sopraggiunta un’altra ed ancor più grave emergenza nell’emergenza!
Mai, come in questo particolare lasso di tempo, inatteso ed improvviso in ragione della novità e della eccezionalità dell’emergenza sanitaria proclamata a livello globale e sfociata in vera e propria “pandemia sociale”, il fenomeno della violenza sulle donne si “annida” dentro ad una drammatica contingenza. Le misure di distanziamento sociale – necessarie per contenere il virus e tradotte nei decreti del premier – espongono le donne e i minori al seguito di queste ultime, a rischi immensi e sconfinati .
È stato imposto di rimanere in casa per far fronte all’emergenza sanitaria! Ma le mura domestiche non rappresentano per tutti un luogo sicuro! Esse infatti proteggono dal possibile contagio del covid-19, ma non proteggono dai maltrattamenti, dagli abusi e dalle minacce dei familiari conviventi. Ed ecco allora che la convivenza forzata di questi giorni, diventa vero e proprio “focolaio di violenza” più pericoloso dello stesso processo patologico del virus che si spera e tenta di contenere con il decreto “Io resto a casa”.
Infatti, la cogenza delle norme che in questo momento impongono di rimanere in casa, espongono le donne ad un continuo ed ininterrotto controllo da parte del partner o del padre o del parente violento, che da un lato, amplifica il rischio a cui le donne più fragili sono esposte trovandosi a dover condividere gli spazi comuni per tutto il giorno con il proprio aggressore; dall’altro scoraggia e rende ancor più difficoltoso anche solo telefonare o recarsi personalmente alle forze dell’ordine ed accedere alla “rete protettiva” per chiedere aiuto.
E’ questo, l’allarme lanciato dal procuratore aggiunto di Milano Maria Letizia Mannella: «C’è stato un calo nelle denunce per maltrattamenti e nelle denunce da Codice Rosso. E ciò, non vuol dire che si consumano meno reati di violenza domestica, di violenza assistita e di genere, perché il calo di denunce non corrisponde ad una riduzione del fenomeno, anzi!”
La risposta a ciò è insita nella paura che le vittime, trascorrendo intere giornate in casa con chi le maltratta per via delle misure anti-coronavirus che impongono l’isolamento sociale, si ritrovano in una condizione di maggiore sottomissione perdendo anche quel minimo di libertà in cui potevano sperare prima che la pandemia costringesse tutti a restare chiusi nelle proprie abitazioni.
Peraltro aspetto, l’obbligo di rispettare le disposizioni normative in materia di distanziamento sociale (isolamento dei malati; quarantena dei soggetti esposti; misure per i luoghi di lavoro; divieti di assembramento, ecc..) introdotte al fine di contenere il contagio, si rivela, di fatto, elemento che ostacola l’accoglienza delle vittime di violenza nelle “case rifugio” che dunque non possano accettare nuovi ingressi, a tutela delle ospiti già ricoverate.
Non a caso, in questi giorni, la ministra Lamorgese e quella alle Pari Opportunità hanno indirizzato alle Prefetture una circolare con cui viene sottolineato che, per far fronte alla necessità, occorre approntare “nuove soluzioni di alloggio” tali da divenire il fulcro della rete territoriale per la presa in carico delle vittime.
Dei moniti in tal senso provengono anche dal versante giudiziario ! E’, infatti, di solo qualche giorno addietro, la direttiva emanata dal Capo della Procura di Trento che ha disposto che “sia il maltrattante ad essere allontanato in caso di abusi, e non la donna” che spesso, peraltro, vive quell’incubo con dei figli minori al seguito.
Inoltre, da diverse parti, in Italia e nel mondo, si sono levate richieste di prestare maggiore e più incisiva attenzione e intervenire a difesa delle donne vittime di violenza. L’appello in Italia è stato accolto dal Governo ed in particolare dalla Presidenza del Consiglio-Dipartimento Pari Opportunità con la creazione del numero 1522 gratuito e disponibile in italiano e in altre 4 lingue (inglese, francese, spagnolo e arabo) munito di un App utile in condizioni in cui anche fare una telefonata espone una donna a ulteriori rischi per la propria incolumità. A tale numero “Help Line violenza e stalking” ci si potrà rivolgere 24 ore su 24. Restano sempre e comunque attivi, quali numeri antiviolenza e stalking, anche il 112 dei Carabinieri ed il 113 della Polizia di Stato . E, durante l’emergenza coronavirus, in virtù dell’accordo raggiunto con il Dipartimento per le Pari Opportunità, anche le FARMACIE si aggiungono nelle rete antiviolenza quale presidio informativo immediato e fondamentale per la promozione e l’accesso al 1522 , nonché per la raccolta degli SOS delle donne.
Le vittime di violenze devono sapere che la pandemia non ha fermato la catena di assistenza e di tutela ed è sempre possibile denunciare casi di abusi e maltrattamenti. Si può uscire per recarsi in Procura, in Caserma o in un Commissariato di Polizia per sporgere denuncia e si può, in alternativa, recarsi in farmacia e chiedere una “mascherina 1522”. Se molti drammi si stanno consumando nel silenzio delle mura domestiche e nell’isolamento imposto dall’emergenza sanitaria, e forse anche per la mancanza di adeguate informazioni su ciò che è possibile fare! Da qui nasce anche la necessità e l’importanza di comprendere che il messaggio delle campagne social e di tutti mezzi di comunicazione di questo periodo che induce a scuotere le coscienze a denunciare e a non tacere, è rivolto a tutti: “non facciamo finta di niente se abbiamo il sospetto che nell’appartamento del vicino ci siano situazioni di violenza e maltrattamento!”
Appello analogo “Non dimenticate le donne in difficoltà” è anche quello lanciato alle Istituzioni il 23 aprile scorso, in occasione della quinta Giornata nazionale per la Salute della Donna, da diverse Fondazioni Onlus nate con l’obiettivo di promuovere l’informazione e i servizi per la prevenzione e la cura delle principali malattie che femminili. L’abuso fisico e sessuale è anche un problema sanitario che in Italia si è cercato di far fronte con la predisposizione di alcune Linee Guida per il soccorso e l’assistenza delle donne vittime di violenza approvate con un DPCM del 24.11.2017. Obiettivo delle linee guida è quello di fornire un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna. Il provvedimento prevede, dopo il triage infermieristico (salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza-rosso-) che alla donna sia riconosciuta una codifica di urgenza relativa (codice giallo o equivalente) per garantire una visita medica tempestiva (tempo di attesa massimo 20 minuti) e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti e volontari. Le donne violentate e maltrattate non devono temere di denunciare ove anche avessero problemi economici, magari anche accentuati in questo periodo particolare dal lokckdown in ambito lavorativo, giacchè per effetto delle Leggi n. 60 e n. 134 del 29.03.2001 n.134, è possibile ricorrere al Patrocinio a Spese dello Stato per difendersi e per far valere i propri diritti avvalendosi di un avvocato di propria fiducia.
La violenza contro le donne in tutte le sue forme è una violazione dei diritti umani.
Donne: il monito a non tacere sia il nostro faro!